GENESI DI UN TEMPORALE

Definizione di Temporale.
Comunemente viene da tutti definito come un violento fenomeno atmosferico associato a violenti acquazzoni, raffiche di vento irregolari, grandine, attività elettrica e tuoni. Esso si differisce dal termine “tempesta” proprio per la presenza di attività elettrica, cioè i lampi e i fulmini.

Dal punto di vista meteorologico e tecnico, esso non è altro che una “termica” sovra-sviluppata; tuttavia questa definizione è insufficiente per comprendere un fenomeno dalle molteplici cause scatenanti, le quali verranno trattate successivamente insieme agli elementi necessari che provocano la nascita di una cella temporalesca.
 
Ma cos’è una termica?
In poche parole la “termica” non è altro che una bolla d’aria calda che si solleva rispetto a quella circostante in quanto più leggera, questo è dovuto all’azione dei raggi solari che scaldando il suolo provocano la formazione di queste bolle di aria calda che poi per svariati motivi si innalzano nella libera atmosfera. Il movimento secco che determina la sua ascesa viene denominato “innesco”, la cui causa può essere dovuta dal passaggio di un’ auto, alla presenza di un rilievo ecc. I terreni più favorevoli alla loro formazione sono ovviamente i terreni più scuri quali campi arati, parcheggi e terreni asfaltati in genere, al contrario di prati o boschi. Perché tale termica si renda visibile è necessario che la bolla calda raggiunga il punto di condensazione, dando origine alla nube cumuliforme, altrimenti nel caso incontri strati di aria più secca che ne inibiscono la formazione, si parla di “termica blu o termica secca”, perché essa risulta invisibile.
per formarsi un temporale deve esserci un qualsiasi moto che sollevi l’aria oltre il punto di condensazione, ed in molti casi oltre il punto di libera convezione ( questo livello sarà più basso quanto maggiore sarà l’ umidità di quella massa d’aria ). Inoltre, l’umidità relativa deve essere sufficientemente alta al suolo, di modo che consenta il continuo approvvigionamento di aria caldo-umida alla termica; vi debbono essere assenza di strati di inversione e strati di aria secca tra il suolo e in quota ed assenza di forti venti  che inibiscano le termiche ( ovvero venti superiori ai 40 km/h ).
Categorie di temporali.
Sono prevalentemente suddivisi in temporali di calore ed in temporali frontali.
Temporali di calore o termoconvettivi.
Sono fenomeni abbastanza frequenti in Pianura Padana; nascono quando la situazione barica è costituita da un’alta pressione stabile da parecchi giorni. In questo caso, la pressione si livella a tutte le quote favorendo la diminuzione dei venti orizzontali che inibiscono lo sviluppo delle termiche. Inoltre, specie in Estate, tale situazione crea aria umida e stagnante nei bassi strati indispensabile per la formazioni di temporali di calore, come lo è l’instabilità atmosferica che generalmente è provocata in questi casi da infiltrazioni di aria fredda in quota ( da nord o da est ). I temporali si sviluppano quasi sempre nel pomeriggio sui rilievi e nel tardo pomeriggio o in serata in pianura, proprio perché l’attività cumuliforme raggiunge il picco massimo nel primo pomeriggio sui rilievi dove entra in gioco l’ orografia, mentre in pianura comincia a salire l’ umidità mentre persiste ancora il caldo accumulato in giornata. 
Temporali frontali.
Temporali da fronte caldo, sono i più rari proprio in quanto aria calda portata dal fronte scorre sopra aria fredda. Qualora l’ aria calda risulti instabile potranno crearsi moti convettivi, lo sviluppo del temporale avverrà generalmente a quote superiori a quelli prodotti da altri fronti proprio per tale motivo. Generalmente nascono nascosti nella nuvolosità stratificata tipica dei fronti caldi e sono quindi difficili da avvistare.
Temporali da fronte freddo, sono i più violenti e sono generati dall’aria fredda che incuneandosi bruscamente sotto l’ aria calda-umida la solleva bruscamente innescandone il moto convettivo. Portano a considerevole calo della temperatura ed a un rapido miglioramento delle condizioni del tempo dopo poche ore dal loro passaggio.
Segnali dal cielo.
Molte volte possiamo notare la presenza di segnali premonitori che annunciano l’imminente arrivo o no di un temporale. Il più comune e conosciuto da molti  è la comparsa durante il mattino degli “altocumulus castellanus”, dalla classica forma di torretta, che indicano instabilità nell’atmosfera e preludono all’arrivo quasi certo di temporali nel pomeriggio; altri segnali si possono leggere dal movimento dei cumuli in quota: un movimento NE > SW indica buone possibilità che si verifichi un temporale; quando invece un movimento da W o NW prelude a stabilità questo in caso di temporali di calore, in caso di temporali frontali i primi fenomeni giungeranno quasi sempre da Ovest. Anche la visibilità è importante: un aumento della foschia indica maggiore umidità presente nell’aria quindi maggiori possibilità; un miglioramento della visibilità prelude all’ arrivo di correnti secche e fresche che inibiranno la convezione ( un esempio su tutti il vento di foehn nella nostra regione ). Infine la pressione: prima dell’ arrivo del temporale si nota un calo della pressione variabile da 1 hPa a 3 hPa, per poi seguire ad  un aumento durante i primi rovesci.
Vita di un temporale.
La vita di un temporale viene solitamente suddivisa in 3 stadi: lo stadio di formazione, lo stadio di maturità e lo stadio di dissolvimento. Il primo stadio, quello della formazione, prende forma con il sovra-sviluppo delle termiche ( in cielo i Cu mediocris diventano Cu congestus ). Questo sviluppo infatti tende a proiettarsi non orizzontalmente, ma verticalmente, e questo indica che non ci sono strati di aria calda e quindi stabile e nemmeno strati di inversione. Quando questa nube cresce essa diventa come una pompa che risucchia aria calda dal basso che poi si raffredda alla sua sommità, creando la formazione di correnti ascendenti ( i Cu congestus diventano Cb calvus ) via via sempre più forti. Da notare che ai lati del temporale le correnti opposte quelle discendenti inibiscono la formazione di nuove termiche. Lo stadio maturità inizia quando la sommità della nube raggiunta la troposfera incrociando le correnti a getto ( jet stream )  viene spazzata da tali correnti assumendo la tipica figura a incudine ( Cb capillatus incus ). Questo porta a un rapido raffreddamento della nube che ha superato anche il punto di congelamento; si formano i chicchi di grandine trasportati successivamente verso il basso dalle correnti discendenti venute a crearsi dalla sommità della nube. Quando i chicchi riescono a vincere la forza delle correnti ascendenti cadono verso il suolo; quando le correnti discendenti oltrepassano il punto di congelamento alcune goccioline si fondono e la grandine cade mista alla pioggia. Ultimo stadio quello di dissolvimento: in questo caso le correnti discendenti che continuano a trasportare aria fredda dalla sommità del temporale arrestano il processo di riscaldamento del terreno, il quale non è più in grado di produrre correnti ascendenti; il temporale a questo punto collassa ( il cielo si apre, si notano parecchi nembi ) in quanto non riesce più a approvvigionarsi di aria calda la sua primaria fonte di sviluppo.
I radiosondaggi.
I radiosondaggi sono l’ unico strumento in grado di dare in tempi brevi una valutazione oggettiva della struttura verticale dell’aria. Essi sono  perciò utilissimi anche per valutare le possibilità che nelle ore successive alla rilevazione si verifichi un temporale, questo grazie a una serie di indici oltre naturalmente alla rilevazione di dew-point e temperatura fino alla troposfera. Questi indici sono però quasi tutti “tarati” per il Mid-west degli U.S.A e molti di essi hanno pochissima attendibilità per l’Europa, Italia compresa. Tuttavia essi ci possono aiutare a capire se effettivamente potranno verificarsi dei fenomeni violenti anche sul nostro territorio. Ecco dunque i principali:

– Liftex Index ( LI ).

Indica la differenza di temperatura tra 500 hPa e una particella d’aria salita in condizioni di adiabatica secca o satura sempre all’altezza di 500 hPa. Ovviamente, ricollegandoci al precedente paragrafo, ricordiamo che se essa è più calda dell’aria circostante continuerà la sua ascesa e ciò indicherà la presenza di aria instabile. Valori negativi inferiori a -4° indicano anche la possibilità di forti grandinate in quanto indicano correnti ascendenti di forte intensità ( formula T500hPa -Tp500hPa )
 > +2
assenza di temporali
 0 / +2
convezione possibile – temporali isolati
 0 / -2
temporali probabili
-2 / -4
possibilità di forti temporali
-4 / -6
forti temporali rischio di trombe d’aria
 < -6
trombe d’aria

– K index o indice di Whiting.

E’ l’indice che calcola l’instabilità dell’atmosfera nel segmento compreso tra 850 Hpa e 500 hPa, valutandone i parametri di temperatura e umidità. Per arrivare a esso si deve prima calcolare il gradiente termico verticale, cioè la differenza di temperatura tra 850 hPa e 500 hPa,  poi si deve aggiungere la temperatura di rugiada a 850 hPa e sottrarre l’estensione verticale dello strato umido che si ricava togliendo dalla temperatura a 700Hpa la sua temperatura di rugiada; infine va aggiunta l’avvezione di vorticità ( V ). Ecco la formula alquanto complessa. 

K= (T850 – T500) + Td850 – (T700 – Td700) + V. Più K sarà alto più i temporali saranno probabili.
0-15
0% di probabilità
15-20
20% di probabilità
21-25
20%-40% di probabilità
26-30
40%-60% di probabilità
31-35
60%-80% di probabilità
36-39
90% di probabilità
40+
100% di probabilità

– SI index o showalter index.

E’ anch’esso un indice che si basa sull’instabilità dell’atmosfera ma non tiene in considerazione l’umidità in quota, valore fondamentale più della temperatura per la formazioni dei temporali e quindi non è molto attendibile. Ecco la formula decisamente complicata e sta per equivalente potenziale mentre es per equivalente potenziale satura.

 S.I. = T500 (Qe850) – T500 (Qes500)

>+ 4
Nessun rischio di temporali
+3 / +1
Debole possibilità di temporali
+1 / -2
Moderata possibilità di temporali
-2 / -4
Forti temporali possibili
-3 / -6
Forti temporali
-5 / -10
Rischio di trombe d’aria

– Sweat index

E’ l’indice nato negli U.S.A. per calcolare le possibilità di sviluppo di una tromba d’aria o tornadoes, le quali si possono manifestare anche in Italia, specie nel periodo Estivo quando aria fresca di origine Nord Atlantica entra in contrasto con aria caldo-umida stagnante sul catino della Pianura padana tramite il passaggio di fronti freddi. La formula complicatissima che evitiamo di mostrare comprende il calcolo in gradi °C della temperatura di rugiada a 850 hPa. Inoltre, a differenza degli altri indici, gioca un ruolo fondamentale il vento di cui vengono adoperati parecchi parametri, quali velocità a 850 e 500 hPa, espressa ovviamente in nodi essendo una formula americana e infine la differenza tra la direzione del vento a 850 e 500 hPa.
< 270
Nessuna possibilità
271-300
Debole rischio,temporali deboli possibili
301-400
Rischio moderato,temporali forti possibili
401-600
Rischio forte per potenziali  tornadoes
601-800
Rischio elevato 

 – Total totals index (TT)

Indice poco attendibile, ancor meno quando l’umidità è presente al di sotto degli 850 hPa, la formula molto semplice è la seguente: T850hPa + Td850hPa – 2 (T500hPa).
< 43
0% di possibilità
43-44
15%-20%
45-46
20%-30%
47-48
30%-40%
49-50
50%-60% possibilità  anche di forti temporali
51-52
60%-80%
53-55
80%-100%

 – CAPE Convective Available potential energy

Indice molto utile per calcolare l’instabilità dell’atmosfera, indica la possibilità che la particella di aria calda salga a quote superiori, innescando così i moti convettivi; al contrario il CAP indica invece l’inibizione dei moti verticali, e più è vicino a zero più i moti verticali non hanno ostacoli alla loro formazione.
<  500
Convezione impossibile
500-1000
Isolati temporali
1000-2000
Temporali 
2500-3000
Forti temporali/ Trombe d’ aria

Infine da tenere in considerazione il parametro Pw. cioè la quantità di vapore acqueo contenuta in una colonna d’aria. Generalmente valori vicini a 20 indicano la formazione di nubi temporalesche.